Andrea Carrozzo – Blow up

8-07-2017

Riceviamo da Andrea Carrozzo questo suo studio sul film di Michelangelo Antonioni, che con grande piacere condividiamo con i frequentatori di questo sito.

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Film del 1966 di Michelangelo Antonioni

 

Il mio problema per BLOW-UP era quello di ricreare la realtà in una forma astratta, volevo mettere in discussione il ‘reale presente’: questo è un punto essenziale dell’aspetto visivo del film, considerato che uno dei temi principali della pellicola è vedere o non vedere il giusto valore delle cose. - Antonioni

blow_up

 

 

 

Titolo

 

Nel gergo fotografico, BLOW-UP è l’ingrandimento delle fotografie. In BLOW-UP si parla di un delitto occulto

 

-  avvenuto sotto gli occhi di Thomas

-  ma sfuggito al suo sguardo

-  ma catturato dal suo obiettivo

 

e ricostruito solo attraverso le tecnologie e gli ingrandimenti fotografici: il BLOW-UP fotografico rivela che ciò che si credeva di vedere (una coppia di amanti) era in realtà qualcosa di diverso (una mano, con impugnata una pistola, che spunta da un cespuglio; e il cadavere di un uomo).

 

È  un’opera di metacinematografia à la Borges, in cui fanno la loro comparsa l’action painting e l’arte concettuale.

 

Soggetto

 

Si basa sul racconto Las babas del diablo, Le bave del diavolo, dello scrittore Julio Cortázar, 1959.

 

Una curiosità: in spagnolo le bave del diavolo indicano i filamenti delle ragnatele.

 

Michelangelo Antonioni, BLOW-UP, 1968:

 

“L’idea di BLOW-UP mi è venuta leggendo un breve racconto di Julio Cortázar. Non mi interessava tanto la vicenda, quanto il meccanismo delle fotografie. La scartai e ne scrissi una nuova, nella quale il meccanismo assumeva un peso e un significato diversi.

 

Tonino Guerra e, per i dialoghi inglesi, Edward Bond collaborarono con me alla sceneggiatura. Guerra mi aiuta da anni, precisamente da L’avventura. Lui è romagnolo, io sono emiliano. C’è un abisso tra di noi. Forse è per questo che andiamo d’accordo.”

 

Una curiosità: Cortázar appare nelle fotografie degli sfollati del dormitorio che Thomas mostra all’amico Ron.

 

… oppure se semplicemente racconto una verità che è solo la mia verità – p. 89

 

Fra i molti modi di combattere il nulla, uno dei migliori è quello di scattare fotografie, … – p. 91

 

… ogni guardare trasuda falsità, perché è quello che ci getta più al difuori di noi stessi, … – p. 93

 

Ad ogni modo, prevedendone in anticipo la probabile falsificazione, guardare diventa possibile; basta forse scegliere tra il guardare e la cosa guardata, spogliare le cose di tanti panni altrui. E naturalmente tutto cotesto è piuttosto difficile. – p. 94

 

… il suo corpo e il suo viso che si sapevano rubati, ignominiosamente prigionieri in una piccola immagine chimica. – p. 100

 

Trama, o significante

 

Alcuni giorni di vita di un fotografo mod nella Swinging London dei mid-Sixties: in una foto scattata in un parco dell’East End, con la sua Contax 1.1.2, si accorge di qualcosa di molto sospetto.

 

Ambientato a Londra, la metropoli simbolo della società consumistica di quegli anni, da un’alba all’insegna della realtà vera (il dormitorio) all’alba successiva all’insegna della realtà virtuale (la partita di tennis).

 

BLOW-UP inizia con un assassinio, come una crime story, ma non lo è; è, altresì, un’affascinante riflessione filosofica ed esistenziale sul divario, se esiste, fra realtà e apparenza; ovvero sull’isolamento dell’individuo nella società di oggi, e sulla sua impotenza di fronte alla manipolazione della realtà da parte della tecnologia e del potere; è, in conclusione, un thriller metafisico, risolto, per assurdo, proprio nella desolante consapevolezza dell’impossibilità di un’investigazione.

 

Interpreti e personaggi principali

 

David Hemmings, Thomas, doppiato da Giancarlo Giannini; Vanessa Redgrave, Jane; Veruschka, modella

 

Colonna sonora

 

Modern jazz, composto e suonato da Herbie Hancock; con Jim Hall alla chitarra.

 

Esibizione degli Yardbirds di Jimmy Page in un club, dove suonano “Stroll On”, con Jeff Beck che distrugge la chitarra contro l’amplificatore.

 

Una curiosità: Antonioni contattò inizialmente i Tomorrow, i Velvet Underground e gli Who, ma ci furono vari problemi di ingaggio.

 

Si noti che quando Thomas, nella ressa del concerto, prende la chitarra e la erge a simbolo e poi esce e la getta a terra, Antonioni vuol dirci che l’esibizione vale esclusivamente nel momento della gloria e che stiamo andando verso una società dell’apparenza.

 

Premi principali

1967 – Festival di Cannes: Palma d’oro ad Antonioni

1968 – Nastro d’argento: Regista del miglior film straniero ad Antonioni

 

Il regista

 

Antonioni è considerato uno dei maggiori registi della storia del cinema. Rifiuta la costruzione tradizionale del racconto; è interessato all’apparenza e, dunque, alla forma estetica della realtà. Il suo narrare è destrutturato, volontariamente frammezzato; inoltre, fa uso della fondamentale differenza tra il guardare e ciò che si guarda (el mirar y el mirado, come scrive Cortázar; ovvero, il significato e il significante), ben sapendo che per cogliere l’essenza delle cose bisogna concentrarsi solo sul primo.

 

Antonioni è il grande artista del nostro tempo – Stanley Kubrick

 

Antonioni fa parte della ristrettissima schiera di cineasti-poeti che si creano il proprio mondo; i suoi grandi film non solo non invecchiano, ma col tempo si riscaldano – Andrej Tarkovskij

 

Nell’indagine dei sentimenti, è sceso a profondità insondabili – Akira Kurosawa

 

Senza voler fare confronti qualitativi, sia Antonioni che Fellini rappresentano sulla pellicola ciò che è oltre la banale percezione visiva della realtà; ma la differenza tra loro è che, mentre Fellini crea personaggi che vivono tra realtà e sogno, Antonioni, con simbolismi e

 

metafore, descrive la vacuità dell’inquietante mondo interiore dei personaggi, con riferimenti alla psicanalisi e all’esistenzialismo.

 

BLOW-UP non è sogno, ma un film per sognare; non è irreale, ma surreale; è un’esperienza profonda da gustare in silenzio e in solitudine.

 

È   uno dei più intriganti e raffinati film di Antonioni, di grande fascino intellettuale, in cui la recitazione degli interpreti e l’ambientazione londinese sono impeccabili.

 

Esteticamente ineccepibile ed elegante, è un film costituito quasi esclusivamente da immagini e da sensazioni, attraverso le quali viene raccontata la storia; i dialoghi essenziali e la lunghezza e la lentezza delle inquadrature, scelte peraltro tipiche di Antonioni, non sono fini a loro stesse ma, in considerazione del tema proposto, rafforzano il senso del film e accentuano lo stato psicologico di Thomas.

 

Con BLOW-UP, sequestrato dalla magistratura per oscenità nell’ottobre 1967, il pessimismo angoscioso di Antonioni si trasforma nel totale rifiuto della realtà in cui l’uomo vive: egli non è più in grado di stabilire alcun rapporto con ciò che lo circonda, e anche le certezze più elementari sono messe in discussione.

 

Una curiosità: Antonioni ha voluto girare questo film a Londra per evitare la censura italiana.

 

Una curiosità: in BLOW-UP vi è il primo nudo integrale del cinema inglese, di Jane.

 

Si noti che, siccome negli anni ’60

 

-   regnava lo spirito anarcoide, e c’era quindi sfiducia nelle istituzioni e ostilità nei confronti della polizia (da cui si spiega l’assenza della denuncia del crimine da parte di Thomas, che cerca invece una soluzione personale)

 

-  avvennero alcuni illustri e misteriosi omicidi

BLOW-UP è considerato un film tempista.

 

Il fotografo

 

Thomas è l’alter ego di Antonioni, a cui viene chiesto dallo stesso regista di vestire à la Gunter Sachs, play-boy tedesco e all’epoca marito di Brigitte Bardot.

 

È   un fotografo professionista, che gira per le strade di Londra nella sua Rolls-Royce coupé; è capriccioso: è sempre con la sua inseparabile macchina fotografica necessaria a catturare con l’obiettivo ciò che lo attrae, abituato a rubare immagini, volti e sentimenti / acquista en passant un’elica gigantesca in un negozio di antiquariato, appena prima di incontrarsi in un pub di Chelsea, El Blason, con il suo amico Ron / nella ressa del concerto, prende la chitarra e la erge a simbolo e poi esce e la getta a terra; è insoddisfatto, perfino di Londra; ed è egocentrico e misantropo, perché considera il prossimo solo come materiale per la sua arte: si noti come usa le modelle, fino a trasfigurarle in manichini.

 

In lui coesistono il mondo della bohème dell’arte, finto, e il mondo della borghesia, reale. Vi è in lui il contrasto tra il mondo del gioco, quello immaginato, a colori (percezione soggettiva di Thomas), e il mondo della maturità, quello reale, in bianco e nero (percezione oggettiva della macchina fotografica): è quindi sospeso tra questi due mondi ma, nonostante alcuni cedimenti alla tentazione di ritornare nel mondo del gioco (l’orgia con le adolescenti, il concerto rock e il droga party) evolve, nel corso del film, fino ad entrare in modo definitivo nel mondo adulto della consapevolezza.

 

Si noti che le due percezioni sono presentate allo spettatore in maniera indistinta, senza soluzione di continuità.

 

(come descritto ampiamente nel mio Saggio https://www.youtube.com/watch?v=g6roBPw-bTM , nel film Lost Highway (Strade Perdute), del 1997, similmente a BLOW-UP, il regista David Lynch ha alternato, senza soluzione di continuità, le immagini in bianco e nero (visione oggettiva; la realtà corrispondente al filmino della videocamera e delle videocassette) alle immagini a colori (visione soggettiva; il ricordo dell’evento nella mente del personaggio).

 

Memorabile in BLOW-UP è la scena dell’“amplesso fotografico” fra Thomas e Veruschka; e, sempre in Lost Highway, l’amplesso Alice – Pete nel deserto (rosso?).

 

E, infine, i camei di Page e MM … )

 

All’inizio del film Thomas è un tipo superficiale, ed è prigioniero del suo mondo: crede di poter fare qualsiasi cosa con la sua macchina fotografica, e arriva perfino a pensare di aver salvato la vita di qualcuno grazie alle sue fotografie.

 

Nel finale, invece, mentre vaga lungo i viali del parco, vede la comitiva festante di mimi dell’incipit del film che iniziano a giocare una partita a tennis silenziosa e, quando la pallina immaginaria oltrepassa le recinzioni del campo, mimano a Thomas la richiesta di raccoglierla e restituirgliela. Si noti che:

 

-   quando Thomas, in seguito all’annullamento, ormai avvenuto nella sua mente, dei confini tra realtà ed illusione, raccoglie la pallina inesistente, in sottofondo si ascoltano soltanto il rumore del vento, della natura e dei suoi passi sull’erba

 

-   dopo che l’ha restituita, però, in sottofondo si ascoltano i rumori dei rimbalzi della pallina e dei colpi delle racchette provenienti dal campo da tennis. Ormai condivide quindi con i mimi l’abitudine a vivere in un mondo di finzioni: abbandona la realtà e sceglie di credere all’apparenza, di vivere nell’arte, nella rappresentazione, di contrapporre il mirar al mirado; e può finalmente muoversi in un mondo più vasto di quello che la sua macchina fotografica può comprendere. Acquisisce consapevolezza e, soprattutto, si rende conto della caducità di ogni cosa: riuscirà a distinguere l’arte dalla realtà; imparerà a superare i limiti imposti dal suo mezzo artistico; non soffrirà più del fatto di doversi relazionare ad entità che, come nel caso dell’immaginaria palla da tennis, non può vedere né fotografare.

 

Significato

 

Con BLOW-UP viene rappresentato il limite tra la realtà e l’illusione, ovvero viene sviluppato il tema filosofico, e purtroppo attualissimo, del rapporto tra la realtà e l’apparenza; parla quindi della capacità di fraintendere ciò che vediamo, ovvero del ruolo preponderante dell’immagine nella nostra epoca, del potere subdolo dei mass media, delle manipolazioni tecnologiche della verità.

 

È  una raffinata opera artistica che, a sua volta, parla dell’effimeratezza e dell’inutilità dell’arte stessa: l’arte è pura illusione, come dimostra la scena finale del film, che ci dice che l’arte deve arrendersi alla sua finzione, con Thomas finalmente adeguato alla finzione del mondo che lo circondava, e ormai persuaso di aver immaginato tutto.

 

Ma, d’altra parte, un mondo senza arte, senza rappresentazione, non è reale: lo scopre a sue spese proprio Thomas

 

- quando torna, la sera, sul luogo del delitto, e vede il cadavere dell’amante della donna tra i cespugli: ma non ha con sé la sua macchina fotografica e, quindi, non può fotografarlo; ed è solo, e quindi non può mostrare a nessuno quel corpo senza vita dissimulato nell’erba

 

- quando al ritorno allo studio fotografico non trova più né il negativo, né le stampe ingrandite

 

-   quando, dopo aver incontrato Ron ad un party “alternativo”, si reca da solo nuovamente al parco, questa volta con la macchina fotografica al fine di documentare quanto ha visto, ma non può che constatare che il cadavere è sparito.

 

In conclusione, non saprà mai se ha visto veramente il cadavere o se era solo frutto della sua immaginazione: Thomas sperimenta quanto possa essere ingannevole e mutevole una realtà vissuta solo attraverso i propri sensi; la realtà, per essere vera, dev’essere rappresentata e condivisa.

 

Si noti che Thomas, una volta accortosi che le foto gli sono state rubate e che il cadavere è stato fatto sparire, perde la fiducia di poter arrivare alla verità.

 

La realtà

 

La realtà è l’unica certezza che ha l’uomo; ma, a volte, anche essa può essere illusoria; perché ha molte facce e, quindi, non è quella che appare; e persino l’evidenza, nel caso specifico un’immagine impressionata su lastra fotografica, può essere negata: ad esempio, come storicamente è successo, un omicidio, anche se avvenuto in pubblico e filmato e fotografato da più persone, può essere negato per interi decenni successivi.

 

L’apparenza

 

Thomas alla fine si arrende; si rende conto che né lui né il suo strumento sono necessari per guardare e capire la realtà: la realtà è ciò che uno vede? È ciò che viene impresso su una lastra fotografica? No: la realtà è altro: è saper guardare oltre, è imparare a veder l’invisibile, ad ascoltare l’inudibile; ed ecco quindi il mimo, e la scelta di Thomas a raccogliere la pallina inesistente.

I mimi imitano la partita proprio come la fotografia emula la realtà.

 

E Thomas è costretto a scegliere tra l’immagine, in quanto imitazione del reale, e la realtà stessa: e alla fine, consapevole della sua finitezza e transitorietà, accetta quella finzione dell’immagine, rilancia la pallina immaginaria ai mimi, credendo di udirne addirittura il suono; è consapevole di non poter vedere completamente la realtà, ma accetta e crede ugualmente alla realtà finta che gli si presenta.

 

Imho: niente è reale; si noti che, finanche il Sole che noi vediamo, non è altro che la sua stessa immagine di come era 8 minuti prima.

 

BLOW-UP è quindi un discorso sulla percezione della realtà, sulla sconfitta dello sguardo e il trionfo dell’illusione.

 

Antonioni con BLOW-UP si chiede se si può comprendere la realtà prendendo esempio e spunto da un’immagine, che è già in difetto rispetto alla realtà stessa: e BLOW-UP stesso rappresenta l’impossibilità per l’uomo, e l’artista (in questo caso il fotografo), di comprendere la realtà del mondo; con questo film profetizza il dominio assoluto delle immagini nella cultura del nostro tempo, in cui siamo assuefatti alle apparenze e la realtà è pressoché inconoscibile.

 

Infine, è una parabola morale: i personaggi secondari del film, in particolare le teen-agers, con il loro sacrificio sessuale, e i mimi, si immolano in modo che Thomas impari a vivere in modo solidale e più responsabile con il prossimo.

 

 

BLOW-UP è poesia pura su pellicola cinematografica, e la partita a tennis, giocata senza pallina, senza racchette e senza parole, è il senso stesso della vita.

 ANDREA CARROZZO, 7/7/2017

Andrea Carrozzo (Lecce, 3/5/1977), Ingegnere e appassionato d’Arte.
Dal 2007 risiede a Reggio Emilia, dove vive con la sua famiglia.

Ha pubblicato vari Saggi, che possono essere richiesto senza impegno all’indirizzo andrea.carrozzo@gmail.com

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