Poco interessato alle materie di Economia e commercio, la facoltà cui si e iscritto a Bologna, Antonioni frequenta anche i corsi di Lettere e si laurea, nel 1935, con una tesi dal titolo: I problemi di politica economica ne “I promessi sposi”.  Gli anni dopo la laurea lo vedono impegnato in varie attività: inizia a occuparsi di critica cinematografica, curando per alcuni anni una rubrica per il «Corriere Padano»; con un gruppo di amici, tra i quali Lanfranco Caretti e Giorgio Bassani, dà poi vita a un cenacolo letterario. Nel 1939 si appresta a girare un cortometraggio sul manicomio di Ferarra, ma l’impresa fallisce perché l’accendersi dei riflettori provoca il panico negli ospiti del manicomio. A proposito di questo episodio, Antonioni afferma che «fu attorno a quella scena» – mai dimenticata – «che cominciammo a parlare, senza saperlo, di neorealismo».

Nel 1940, dopo aver rifiutato un impiego in banca a Ferrara, si trasferisce a Roma e inizia a lavorare come segretario di Vittorio Cini, nominato presidente dell’Esposizione Universale in programma per il ’42. Assunto, poi, nella redazione della rivista «Cinema», viene quasi subito licenziato con un pretesto, a causa delle tensioni con il segretario del direttore, Vittorio Mussolini; in seguito, quando la rivista passa alla direzione di Pasinetti, riprende a collaborarvi e continua con Puccini e De Santis. In questo periodo, per guadagnare, scrive anche sceneggiature, senza firmarle. Nel 1941 frequenta per qualche mese il corso di Regia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia ma, richiamato alle armi, è costretto ad interrompere gli studi. Il servizio militare non gli impedisce di lavorare: scrive un soggetto, “La casa sul mare”, su una famiglia di pescatori; partecipa alla stesura della sceneggiatura di “Un pilota ritorna” di Rossellini e, infine, collabora in qualità di sceneggiatore e aiuto regista con Enrico Fulchignoni – suo insegnante al Centro Sperimentale – a I due Foscari. Conosce così l’operatore Ubaldo Arata che, oltre a rivelarsi un prezioso maestro di fotografia, lo raccomanda caldamente a Scalera, il quale, poco dopo, lo ingaggia come co-regista di Carné per Les visiteurs du soir. Carné rifiuta la collaborazione, limitandosi a tollerarne la presenza sul set. La permanenza in Francia gli offre comunque l’opportunità di leggere L’etranger di Camus, appena uscito, che lo folgora, inducendolo a scrivere una recensione su «Il Cosmopolita». Lo scadere della licenza non gli permette di accettare le proposte di collaborazione con Cocteau e Grémillon.

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