“Michelangelo Antonioni – Identification of a Gaze” – Alex De Gironimo

22-10-2015

Con il mio film “Michelangelo Antonioni – Identification of a Gaze” (Michelangelo Antonioni – Identificazione di uno Sguardo) ho voluto indagare , analizzare e conseguentemente rappresentare ed interpretare la persona e l’opera del grandissimo regista ferrarese.  Un film-documentario bello, emozionante, ricco di suggestioni. Elisabetta Antonioni             

   https://vimeo.com/137945996            

Presentazione

Con il mio film “Michelangelo Antonioni – Identification of a Gaze” (Michelangelo Antonioni – Identificazione di uno Sguardo) ho voluto indagare , analizzare e conseguentemente rappresentare ed interpretare la persona e l’opera del grandissimo regista ferrarese. Ho realizzato questo progetto come mia tesi di specialistica – insieme a relativa parte scritta- per il mio Film Studies MA presso la Queen Mary University di Londra, intrapreso fra il 2014 e il 2015, per il quale ho avuto a disposizione l’attrezzatura, i computer e tutto il materiale tecnico necessario, insieme alla supervisione del professor Eugene Doyen. L’idea nasce dalla mia volontà – maturata grazie ai miei studi, cominciati a Roma e poi perseguiti altrove – di realizzare un film metacinematografico e riflessivo, un film sul cinema quindi, con il quale materializzare il mio bagaglio di conoscenze e soprattutto quelle che sono state le mie riflessioni, da ultimo su quali siano le dinamiche, psicologiche e non, che portano alla realizzazione di un film o meglio ancora alla volontà di dedicare al cinema la propria vita. In particolare mi sembrava interessante approfondire la relazione che si sviluppa fra regista e attori, non tanto dal punto di vista professionale o sociale, ma più concettualmente e intimamente fra due idee contrapposte di relazionarsi al cinema, in particolare alla camera che ne costituisce in larga parte sintesi e sineddoche. Non nascondo che tale idea, quasi esigenza, nasceva da motivazioni molto personali: io per primo volevo capire quale fosse il mio atteggiamento in proposito e quali le relative cause. Si trattava quindi proprio di un’analisi, un periodo di riflessione e sperimentazione al momento in cui i miei studi – almeno per il momento e simbolicamente – terminavano e culminavano. Abbandonata per vari motivi l’idea di realizzare una serie di interviste ad attori, registi e altri professionisti del cinema e dello spettacolo – come similmente avevo già fatto per il mio precedente lavoro, un cortometraggio documentario del 2014 intitolato “Contemporary Italian Culture in London” – ho deciso, sempre per vari motivi, di risolvere la questione realizzando un documentario su un regista che rappresentasse l’essenza della regia per come volevo intenderla ai fini del progetto, ossia come distaccata e in opposizione rispetto agli attori e ben focalizzata sulla parte tecnica e intellettuale. A quel punto, il nome di Michelangelo Antonioni mi è giunto come una magnifica soluzione. Non solo già lo avevo studiato, ma realizzare la mia tesi su di lui avrebbe permesso di  riallacciarmi al discorso sull’incontro tra la cultura italiana e Londra e ad un’artista che avevo già apprezzato profondamente e con il quale avevo intuito di avere un legame particolare già dopo la visione di “Blow-up” e de “L’avventura”. Successivamente, tutto è sembrato venire da sé: intervistare esperti, familiari ed amici di Antonioni nei luoghi della sua vita e/o dei sui film, chiedendo a loro di affrontare e discutere la questione, che nel frattempo era sensibilmente cambiata. Infatti, ora tutto verteva sulla presenza di tre aspetti fondamentali nell’opera di Antonioni: il paesaggio, la modernità e l’amore. Mentre gli ultimi due prendevano senza troppi traumi il posto rispettivamente di registi e attori, il ruolo del paesaggio, tanto importante per Antonioni, non solo valorizzava le mie riprese sul campo – a Londra, Roma, Ferrara e Milano – ma rendeva assai concreto e tangibile un discorso che invece avrebbe rischiato di diventare troppo astratto e complicato: I luoghi, dove realmente Michelangelo Antonioni ha vissuto e lavorato, rappresentano dunque il luogo di scontro proprio tra la tendenza tecnologica e intellettuale contro quella naturale e sentimentale che egli ha vissuto e sofferto in prima persona e così brillantemente rivelato nei suoi film.  Tale contrapposizione e conseguenti crisi appaiono ancor più importanti ai nostri tempi, che il regista ha saputo così magistralmente anticipare e presagire. Io credo, intuisco, che il desiderio profondo di Michelangelo Antonioni, in verità da lui esposto più volte, fosse proprio quello di arrivare ad avere un’esperienza reale che avesse tutto il fascino della natura e dell’arte allo stesso tempo, un’ esperienza se non addirittura una vita totale che, come lui sapeva perfettamente, riguardava soprattutto il rapporto con le donne, come appare con maggior chiarezza forse in “Identificazione di una Donna”, che a me sembra come una disperata richiesta di aiuto da parte del regista. A queste motivazioni si lega il finale del mio film. Difatti il documentario, in cui la mia presenza è quasi del tutto celata seppur implicita, lascia il posto ad una breve scena originale, in molti sensi, che ho chiamato “ModernAdamandEveity” (ModernAdamoedEvità) da me anche interpretata, in un ruolo che vuole riassumere quello di Adamo, di uomo, di regista (in particolare Antonioni), del protagonista di “Blow-up”, nonché il mio in quanto persona e realizzatore del film. Anche il riferimento diretto ad Adamo ed Eva trova spunto nell’opera di Antonioni, in particolare da “Roma”, realizzato nel 1989 all’interno dell’opera collettiva “12 registi per 12 città”, in cui ben due affreschi a loro dedicati vengono insistentemente  mostrati e in maniera particolarmente significativa, soprattutto riguardo la scansione degli avvenimenti. Ma mentre Antonioni conclude questo cortometraggio – simile quindi nel formato ai suoi primi lavori e dedicato alla città che tanto era stata importante per lui e che, come lui stesso aveva affermato, era essa stessa il cinema – con le mani di Dio ed Adamo che tendono l’una verso l’altra, terminando l’opera proprio con l’inizio del mito, quasi ad invocare un nuovo incontro tra uomo e Dio, indicando Roma (e quindi il cinema) come luogo in cui ciò può accadere, io termino il mio con un riconoscimento ulteriore ed ultimo del vero valore della donna e del suo ruolo naturale che può soddisfare, nel migliore dei casi, anche le più profonde esigenze dell’uomo nonché le proprie. Antonioni si mostra per la prima ed ultima volta nel suo ultimo film, un altro cortometraggio, intitolato “Lo Sguardo di Michelangelo” del 2004. Nel finale, quando esce dalla chiesa “sparendo” nell’accecante luminosità esterna, lascia aperto ed ambiguo il messaggio della sua opera e forse così deve essere. Io, forse troppo ambiziosamente, indico una soluzione, un lieto fine, nel quale credo profondamente e nel quale secondo me anche lui si sarebbe riconosciuto.

                                                                   Biografia

Alex De Gironimo nasce a Roma nel 1991. Da sempre affascinato dal mondo dell’arte e dello spettacolo, ma ancor più dalla ricerca della verità, studia presso il “Liceo ginnasio Torquato Tasso” di Roma, laureandosi successivamente in Letteratura, Musica e Spettacolo presso la “Sapienza – Università di Roma”. Prosegue i suoi studi e progetti cinematografici a Londra dove attualmente risiede e lavora.

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https://vimeo.com/137945996

Made by Alex De Gironimo for the MA in Film Studies

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