MICHELANGELO ANTONIONI: GLI EVENTI, LE COSE, LA PERSONA

10-07-2014

L’AILC, costituitasi nel ‘92, coordina l’iniziativa di un gruppo di professionisti che svolge la libera attività nel settore cine-televisivo, esercita la docenza in scuole di ogni ordine e grado, promuove una maggiore attenzione verso la cultura cinematografica e audiovisuale.

Alcuni dei suoi esponenti insegnano “linguaggio cinematografico”, “storia del cinema”, “progettazione audiovisiva” presso l’Istituto Rossellini, unico istituto pubblico in Italia che forma tecnici qualificati nel campo cinematografico e televisivo.

E’ attualmente presidente dell’Associazione il regista, professore e formatore Ludovico Codella.

http://www.associazioneinsegnantilinguaggiocinetelevisivo.it/pagine/associazione.shtml

 

 MICHELANGELO ANTONIONI: GLI EVENTI, LE COSE, LA PERSONA

Un progetto a cura dell’Associazione Insegnanti Linguaggio Cinetelevisivo

 

La narrazione, gli spazi,  i luoghi interiori

L’AILC è un’associazione che da anni impegna le sue forze per diffondere la cultura cinematografica e audiovisuale. Il nostro metodo di lavoro privilegia l’accostamento critico/biografico allo scopo di superare l’idea che tutto sia desumibile dall’opera e dotarci di un apparato critico che apra insoliti tracciati di ricerca.

E’ nostra abitudine “lanciare “ un progetto su un autore, in questo caso Michelangelo Antonioni, evitando di essere visti come chi voglia  o presuma di  dire sempre qualcosa di sostanzialmente innovativo. Ci avviciniamo dunque con discrezione ad uno tra i più grandi  registi su cui il tempo ha comunque implacabilmente adagiato le sue foglie d’autunno, ancor più in un Paese come il nostro che vive perennemente amori e slanci effimeri.

Il nostro impegno, la strategia che lo informa, si sostengono su due propositi.  In primo luogo allargare quanto più possibile la conoscenza di un autore, perché esso esca dai domini ristretti dell’intellettualità accademica, e divenga patrimonio comune, o almeno maggiormente diffuso. A ciò si lega l’invito a tutti i soggetti disponibili (circoli del cinema, centri di cultura, enti, scuole, facoltà universitarie) a sviluppare un lavoro condiviso. Su questo piano siamo grati a Elisabetta Antonioni per lo spazio di ascolto che ci ha aperto.  In secondo luogo adoperarci perché il cinema accolga contributi dalle più diverse discipline, consapevoli che questa forma di espressione, proprio perché ricrea la condizione umana nella sua complessa geografia, compresa la verosimiglianza dei contesti,  tanto più debba appropriarsi della complessità del sapere. Per questo riteniamo che l’approccio interdisciplinare sia quasi obbligato, anche per limitare l’azione imprigionante, allorché solitaria, degli esperti di cultura filmica.

Il cinema ha comunque un sorta di limite rispetto ad altre arti. L’apparente  riconoscibilità nelle immagini di ambienti e di periodi,  marcati  da  fasi storiche e sociali ben localizzate, sembra confinare eccessivamente storie e linguaggi entro obbligati adeguamenti temporali. In alcuni autori tuttavia lo stile sfodera una sua autonomia e preserva una forma particolare, che potenzialmente  dischiude il cammino atemporale della coscienza, per un verso  situata in un tempo e in un  luogo, per l’altro libera da imbrigliamenti, quando  sprigiona interrogativi che riuniscono congiuntamente il passato, il presente e il futuro della condizione umana.  La coscienza è uno stato di sospensione del flusso temporale e Antonioni è costantemente alla ricerca di quei momenti, in cui la persona può imporre pause ai ritmi convenuti e  cominciare a vedersi senza precauzioni.

La drammaturgia filmica di Antonioni, che vorremmo costituisse l’asse portante della nostra riflessione, è tutta incentrata sullo spazio che il personaggio scopre intorno a sé. Lo spazio è il suo mondo, la sua creazione. Non è luogo di estraniazione in cui si perde alienando il senso di sé, ma è la propria dimensione, la propria appartenenza, il proprio sguardo, una creazione che rifugge  geometrie e relazioni consuete.

In tutto il corpus della sua opera il regista ferrarese accompagna i suoi personaggi quando in loro si profila, se pur in situazioni e occasioni di vita molto diverse, l’esigenza di un viaggio, fisico e mentale, che Antonioni descrive, fase per fase, in una progressione drammatica. Lungo il percorso narrativo l’inconciliabilità tra la condizione di vita e un senso marcato d’ instabilità chiede gesti  anche incauti, ma risolutivi.  Per esempio in Professione reporter, il voler cambiare le carte in tavola, divenire qualcun altro, porterà il protagonista a non essere più identificabile, ad annullarsi nella nuova identità acquisita, in questo caso sfociando nella sua stessa morte. Si può dunque vivere come testimoni nascosti, fantasmi rivestiti di apparenza, coinvolti nel grande inganno di un’esistenza aggressivamente reale?

Quella fuga è un atto di coraggio di fronte all’isolamento dei personaggi da un quotidiano greve di vacuità, fonte di disumanizzazione. Fuga, a volte non compresa dallo spettatore, perché trattata al di fuori di uno psicologismo riversato  nella tensione del dialogo, in una conflittualità dichiarata con l’umanità circostante. Al contrario ciò che il personaggio incontra  è sempre se stesso, ovvero il volto che l’ambiente assume come specchio fenomenologico di una inquietudine. Così si propone il paesaggio geoantropico in Antonioni, se pur segnato da personalità  differenziate. Si equivalgono quindi il peregrinare lungo il Po di Aldo (Il grido), la ricerca di Anna da parte di Claudia in una Sicilia straniera (L’avventura), il girovagare di Lidia sconvolta dalla morte dell’amico (La notte), il perdersi di Vittoria in uno spazio sempre più rarefatto (L’eclisse), il rapporto di Giuliana con i colori  e le atmosfere, argine disperato di una realtà che si trasforma (si ingrigisce) nella nevrosi (Deserto rosso). E ancora la perdita di riferimenti oggettuali per Thomas, in un manifestarsi  consumistico delle “cose”, fino a ritrovare se stesso nella  scena,  solo mimata, di una partita di tennis  (Blow up);  o l’innamoramento di Frank in uno spazio immenso disegnato proprio con il volo aereo o il desiderio esplodente di Daria che questa volta riesce, se pur con l’immaginazione, a disintegrare l’artificialità del mondo (Zabriskie point); fino al David Locke che, sostituendosi ad un’altra persona,  acquisisce “l’esser visto” come proiezione di uno sguardo oggettivo che convalida la finzione (Professione reporter).

Centrale è dunque il rapporto con lo spazio in un cinema di ricerca personale, dove lo sguardo del personaggio, come quello della camera, definiscono una estetica in cui l’interiorità è visivamente esteriorizzata e l’esteriorità è interrogata dalla cinepresa per ricondurre circolarmente alla condizione intima del personaggio. In definitiva una straordinaria messa in scena poetica dei meandri nascosti e controversi della soggettività in un dialogo costante tra personaggio, autore, spettatore.

Antonioni esclude le categorie tradizionali della ragione, investe l’inconscio come luogo simbolico, alla ricerca di un senso o di un non senso, dove valgono più le ipotesi che le risposte causali, quando queste irrigidiscono il presente, più che aprire una prospettiva.

Intorno a queste problematiche, qui solo accennate, intendiamo definire approcci metodologici e favorire contributi nelle più diverse forme (incontri, seminari, corsi, workshop, dibattiti on line..) per dar vita, quando sarà possibile, ai “Colloqui su Michelangelo Antonioni”.

Per informazioni  tel. 3356643830     ailcroma@tiscalinet.it

 

 

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.