Sulle tracce di Michelangelo Antonioni in Cina di Junko Terao. Internazionale

13-12-2018

Un particolare ringraziamento alla giornalista Junko Terao (editor di Asia e Pacifico di Internazionale)  per questo lungo articolo su “Chung Kuo, Cina“, pubblicato nel numero di Internazionale on line del 13 dicembre 2018. Grazie per aver voluto condividerlo nel sito dell’Associazione Michelangelo Antonioni.

https://www.internazionale.it/reportage/junko-terao/2018/12/13/chung-kuo-cina-antonioni

“…. Avevo trovato una copia di Chung Kuo, Cina, il documentario girato in Cina da Michelangelo Antonioni nel 1972, in uno dei tanti negozi di dvd piratati di Shanghai, dove accanto agli ultimi blockbuster si potevano trovare film d’essai e alcune rarità della cinematografia mondiale in confezioni più che dignitose e a prezzi irrisori. Era il 2013 e in Cina il boom dei film online sarebbe arrivato di lì a poco. …” Junko Terao

Come scrive Antonioni nella prefazione alla sceneggiatura di Chung Kuo, Cina, uscita per Einaudi nel 1974:

Ricordo di aver chiesto ai miei ospiti che cosa secondo loro simboleggiava più chiaramente il cambiamento avvenuto dopo la Liberazione. ‘L’uomo’, mi avevano risposto. So che (…) parlavano della coscienza di un uomo, della sua capacità di pensare e vivere giustamente. Tuttavia quest’uomo ha anche uno sguardo, un volto, un modo di parlare e di vestirsi, di lavorare, di camminare nella sua città o nella sua campagna. Ha anche un modo di nascondersi e di voler sembrare, talvolta, migliore o comunque diverso da quello che è. È una presunzione avvicinarsi a questa moltitudine di uomini girando in ventidue giorni trentamila metri di pellicola?

La proiezione di Chung Kuo, Cina alla Biennale di Venezia fu un caso “tra la fantascienza e la commedia all’italiana, con un pizzico di western”, scrisse Umberto Eco nel 1974:

“Dentro il recinto dei carri stavano Ripa di Meana (allora presidente della manifestazione, ndr) con gli uomini della Biennale, in una disperata resistenza. Intorno, a carosello cavalcavano il governo cinese, il ministro italiano degli esteri, l’ambasciata italiana a Pechino, l’associazione Italia-Cina, la polizia, i pompieri e alcuni filocinesi sciolti. La storia è nota, la Cina protestava per l’imminente proiezione alla Fenice del documentario di Antonioni Chung Kuo, il governo italiano aveva fatto di tutto per impedire l’evento, la Biennale aveva resistito in nome del diritto all’informazione e all’espressione artistica, all’ultimo momento il prefetto di Venezia, correndo in aiuto alle autorità di Pechino, aveva scoperto che la Fenice era inagibile come sala cinematografica (dopo che da una settimana non si faceva altro che proiettarvi film), Meana spendeva nel corso di una conferenza stampa poche e sentite parole di ‘pena’ per il signor prefetto, (…) si attaccava al telefono coi suoi collaboratori, in mezz’ora liberava la sala del cinema Olimpia (…), e quivi avveniva la proiezione mentre la polizia teneva a bada una folla strabocchevole e tesa (…). Antonioni, nervoso e sconvolto, soffriva ancora una volta il suo personalissimo e paradossale dramma di un artista antifascista che era andato in Cina animato da affetto e rispetto e che si trovava accusato di essere un fascista, un reazionario al soldo del revisionismo sovietico e dell’imperialismo americano, odiato da ottocento milioni di persone.

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china

china-antonioni

https://www.youtube.com/watch?v=Z9tAd_-2AoM&list=PL43Nnpvi5ExEUAp79dLOHXTROpteSN1QA

https://www.youtube.com/watch?v=lgOf_ELJEW4&list=PLUJOBHzvp-qXBML0vJwypq3cQPpIuWtev

https://www.youtube.com/watch?v=Azg-aFTxfIo&index=4&list=PLUJOBHzvp-qXBML0vJwypq3cQPpIuWtev&t=0s

 

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