LI JINGJING «Chung Kuo» di Michelangelo Antonioni: una Cina tra il narrare e il mostrare

14-03-2019
I cantieri dell’italianistica. Ricerca, didattica e organizzazione agli inizi del XXI secolo. Atti del XVIII congresso dell’ADI –Associazione degli Italianisti (Padova, 10-13 settembre 2014), a cura di Guido Baldassarri, Valeria Di Iasio, Giovanni Ferroni, Ester Pietrobon.  Roma, Adi editore, 2016

                          Url = http://www.italianisti.it/Atti-di-Congresso?pg=cms&ext=p&cms_codsec=14&cms_codcms=776[data consultazione: gg/mm/aaaa]

«Chung Kuo» Un malinteso da parte di un intero popolo e un chiarimento che arriverà32 anni dopo

«Chung Kuo»di Antonioni è un documentario girato nel 1972 su invito dell’allora premier Zhou Enlai della Repubblica Popolare Cinese. In 22 giorni il regista attraversò in lungo e largo cinque cittàcinesi completando una mission impossible. Nonostante l’intenzione del governo cinese fosse unicamente quella diun film che esaltasse il sistema socialista della Nuova Cina, Antonionievidenziò più di ogni altro aspetto la dimensione della quotidianità degli individui cinesi. Registrò un grande repertorio di sguardi, volti e abitudini componendo un mosaico vivace di una Cina degli anni ’70, tra la storia e la realtà, tra l’ideologia e la quotidianità, tra la tradizione e la modernità. Come accade negli altri film di Antonioni, anche in questo documentario si trova la sua tipica attenzione tra il narrare e il mostrare, come dice lo stesso regista:«scrivere è per me un approfondimento dello sguardo». La voce narrante, concisa e fluida, non riempie tutto lo spazio del documentario, ma si alterna con le ampie immagini descrittive che parlano da sé,creando un’atmosfera che ricorda la poesia cinese. Nel 1974, con la pubblicazione del testopressoEinaudi, l’opera acquistava una doppia identità, cinematografica e letteraria, diventando un racconto multimediale sulla Cina e soprattutto sui cinesi, con le immagini che chiariscono le parole e con le parole che suscitano ancor più l’immaginazione.

“Non mi piace viaggiare per turismo. Si arriva in un posto, s’incomincia a girovagare seguendo le indicazioni di una guida che raramente è aggiornata, a telefonare alle persone delle quali si è avuto l’indirizzo da amici che sono stati in quel posto anni prima, [...] subisci il bombardamento di impressioni che vengono dall’ esterno, almeno fino a quando non cominci a scegliere e valutare tu stesso quello che vedi.[...] Oltretutto mi dà una certa malinconia. Questi mondi che non ti è consentito penetrare perché la tua sola presenza basta a modificarne il comportamento, questi gusci che si chiudono davanti a te e tutto quello che ne esce è una cortese ospitalità e il racconto, sempre fazioso, di come si vive dentro il guscio.” Michelangelo Antonioni

“Il film si intitola Chung Kuo, che vuol dire Cina. In realtà non è un film sulla Cina quello che ho girato, ma sui cinesi. Ricordo di aver chiesto, il primo giorno della discussione, cos’era secondo loro ciòche simboleggiava più chiaramente il cambiamento avvenuto nel paese dopo la Liberazione. «L’uomo», mi avevano risposto. I nostri interessi dunque almeno in questo coincidevano. Ed è all’uomo più che alle sue realizzazioni o al paesaggio che ho cercato di guardare. Intendiamoci, ritengo la struttura politico-sociale della Cina di oggi un modello, forse inimitabile, degno del più attento studio. Ma il popolo è ciò che mi ha colpito di più. Che cosa, precisamente, mi ha colpito nei cinesi? Il loro candore, la loro onestà, il rispetto reciproco.” M. A.

Puoi disegnare la pelle d’una tigre, non le sue ossa.Puoi disegnare il viso d’un uomo, ma non il suo cuore. Proverbio cinese

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