TUTTO BIANCO – IL VIAGGIO NEI LUOGHI DI ANTONIONI

19-07-2016

Antonioni rispettava le donne, a partire dalla sua mamma, Alfonsina… Sarà la nipote Elisabetta a parlarci dei rapporti familiari con la madre, dove questo rispetto emergeva come qualcosa di sacro. Elisabetta, oggi, si occupa dell’associazione Antonioni, che ci permetterà di scoprire il cimitero di Ferrara, perché a lei Antonioni ha chiesto di occuparsi della sua sepoltura. E’ là che Elisabetta ha realizzato il panorama per la sua eternità.

TUTTO BIANCO

Film di Morena Campani e Caroline Agrati

IL VIAGGIO NEI LUOGHI DI ANTONIONI

Vincitore del Premio STELLA 2016

 

 

Questo film si propone come un viaggio alla scoperta dei luoghi di Michelangelo Antonioni, i luoghi delle riprese dei suoi film, i luoghi affettivi, i luoghi dell’anima… Luoghi nei quali vuoto e silenzio regnano prepotentemente, dove visibile e invisibile si fondono nell’incontro con uno sguardo.

 

Antonioni conosceva bene quei panorami vagamente nebbiosi, così come Tonino Guerra li desiderava… Era nato a Ferrara ! In uno stretto giro di kilometri intorno a Ferrara, si trovano le inquadrature di molti dei suoi lavori, in Emilia-Romagna. Ci sono ancora persone che ricordano le riprese in quei luoghi e che raccontano aneddoti leggendari di quei momenti. Oppure altre che non ne conoscono la storia e spesso neanche il film che vi fu realizzato. La curiosità di questo film sta proprio nell’incontro con la gente, lo sguardo popolare su quei luoghi investiti un giorno da uno sguardo concettuale, offrendo differenti punti di vista da parte di coloro che ricordano il passaggio di Antonioni, coloro che hanno partecipato in qualche modo alla realizzazione di quelle immagini che sono diventate un modello del paesaggio cinematografico.

 

La storia comincia alla Centrale dell’ENEL di Porto Corsini, quando nel 1998 un gruppo di giovani architetti si oppone alla demolizione dell’edificio, location de “Il deserto rosso” negli anni 1963 e 64. In quell’occasione l’Ordine degli architetti di Ravenna organizzò una serie di eventi, Gioia Gattamorta racconterà la lotta intrapresa ed in particolare Morena, che si occupò degli eventi artistici. Chiese a Guido Guidi, fotografo paesaggista, di realizzare un laboratorio di ricerca dello sguardo, intorno ai luoghi de “Il deserto rosso” ; un viaggio nel viaggio che ci porta a rilevare e rivelare i punti di vista, gli sguardi intimi e le prospettive architettoniche delle riprese antoniniane. Un lavoro accurato, un’attenzione infinitesima ai dettagli, alla scelta delle luci, delle ombre, dei chiaro/oscuri, delle gradazioni di colore.

 

Fu Morena che invitò Antonioni, il suo sceneggiatore Tonino Guerra e l’aiuto regista Flavio Nicolini nell’ambito di una performance alla Centrale. Ed è durante lo svolgimento di tale performance che Morena riceve una sorta di eredità, due oggetti che l’accompagnarono nella sua evoluzione professionale, fino a vedere diversamente, cercare lo sguardo nelle cose e diventare, infine,  regista : il diario che Flavio Nicolini durante le riprese de “Il deserto rosso” ed una cassetta VHS da parte di un ex-dipendente della Centrale che le disse : “Questo, é il mio deserto rosso !”. L’operaio aveva assistito alle riprese del film e, nascondendosi dove possibile, riuscì a filmare con una SUPER 8 quello che avveniva all’interno del suo luogo di lavoro. Soprattutto nella sala-macchine le immagini mostrano come incuriosissero Antonioni tutti quei pulsanti e quegli schermi. Quindi la scena del fumo di vapore, della quale Massimo Arvedi, elettricista in pensione, fu incaricato da Antonioni ad aprire la valvola per fare uscire la vampata di fumo. Sarà lui a raccontarci l’episodio, ironizzando sulla paura che ebbe “la Vitti” quando oltre al fumo uscì una spruzzata d’acqua che bagnò tutti intorno… E solo oggi emergono le immagini di un macking off che ci mostra certi lati del carattere di Antonioni, certe sue debolezze, certe sue condizioni durante le riprese.

 

Il diario di Flavio rivela le attese : dei personaggi, degli attori, delle comparse, ma soprattutto la nebbia. A Ravenna, infatti, la nebbia non manca mai nei mesi di ottobre e novembre… Ma quell’anno lì, fine 1963, c’era più sole, che nebbia. Attraverso la recita del quotidiano lavorativo in tempo di riprese, il film offrirà una visione alla comprensione delle scelte cinematografiche di Antonioni, curiosando fra le difficoltà e le gioie del giorno dopo giorno…

 

Il seguito, il viaggio ci porta a scoprire la casa sul Po di Volano, dove Antonioni da bambino giocava con gli amici, quel Po a lui tanto caro, come ad altri registi del suo tempo (Cesare Zavattini, Alberto Lattuada, Aglauco Casadio, Ermanno Olmi…). Quel Po di cui inizialmente Antonioni realizzò un documentario intitolato appunto “Gente del Po” e di seguito riapparso nel film “Il grido” ambientato fra quelle rive, quelle acque, quegli edifici artigianali che si trovano ancora oggi. Fra i protagonisti di quest’ultimo, la bambina di Porto Tolle, Mirna Gilardi, che oggi è pensionata e che ci racconterà dell’esperienza col maestro.

 

Antonioni rispettava le donne, a partire dalla sua mamma, Alfonsina… Sarà la nipote Elisabetta a parlarci dei rapporti familiari con la madre, dove questo rispetto emergeva come qualcosa di sacro. Elisabetta, oggi, si occupa dell’associazione Antonioni, che ci permetterà di scoprire il cimitero di Ferrara, perché a lei Antonioni ha chiesto di occuparsi della sua sepoltura. E’ là che Elisabetta ha realizzato il panorama per la sua eternità.

 

Monica Vitti, impossibilitata a parlare per il grave stato di malattia, accompagnerà il viaggio attraverso gli archivi di film, canti, interviste, testimonianze. Monica ha rivestito il ruolo femminile per eccellenza, sia nei film che nella vita privata, presentando le caratteristiche della femminilità, della sensualità, ma anche di indipendenza ed autonomia, sottolineando la condizione della donna nella società degli anni ‘60/70.

 

La donna che subisce gli sviluppi della società con l’arrivo delle industrie, esattamente come il territorio. Questo si percepisce nell’analisi dei colori de “Il deserto rosso”, questi interventi pittorici che Antonioni ha conservato nella sua ricerca di creatività, per sviscerarne i concetti fino alla fine dei suoi anni, quando, pressoché completamente immobilizzato, continuava a dipingere grandi tele. Se il campo di grano di tendenza giallo-ocra perturbava l’immagine, Antonioni chiedeva di dipingere il campo di nero. Se la pineta non era sufficientemente grigia dell’invasione nebbiosa, Antonioni chiedeva di dipingerne di bianco tutti i suoi alberi. La pittura che appare attraverso l’analisi delle sue prospettive, corrisponde a quella di Edward Hopper ; quella della sua ricerca visiva a Mark Rothko. Ciò che accumuna i loro lavori è essenzialmente l’uso della luce sulla prospettiva. Una luce che focalizza i protagonisti e gli sfondi allo stesso tempo, li esalta, riesce a penetrare dentro di loro estrapolandone l’anima, siano essi delle cose o degli esseri umani. Come se fosse riuscito a installare una sorta di confidenza fra personaggio e paesaggio, nella quale il personaggio potrebbe benissimo abitare quel paesaggio e viceversa. Attraverso tali prospettive, questi maestri hanno saputo cogliere gli aspetti più veri e semplici della vita quotidiana, nobilitandoli.

 

Alquanto provocatoria la chiave psicoanalitica della relazione. Anche l’incontro uomo/donna si rivela attraverso elementi paesaggistici, archetipi della simbologia fallica maschile, come la presenza di fari, torri o locomotive, contrapposta a quella femminile costituita da interni di case, archi, porte e finestre… Una presenza così immancabile da farla apparire come un’ossessione.

 

Intrigante è pure la prospettiva spesso voyeristica dell’osservatore, che assiste non visto a scene di vita intima da dietro una tenda, dal buio notturno della strada, attraverso finestre e porte dimenticate aperte… Ai paesaggi urbani vengono intercalate fascinose rappresentazioni in cui solitudine e silenzio sono gli ingredienti prediletti. Quasi in risposta ai clamori del periodo, costruzioni solitarie dominanti il vasto spazio circostante, il deserto, quale unica testimonianza della presenza umana.

 

Oltre alla solitudine ed una certa immobilità, che Antonioni espone attraverso i ruoli femminili, traspira anche una certa indipendenza che si nutre di vuoti e di silenzi. Quell’incomunicabilità, attraverso la quale la critica si è spesso espressa, è un’incomprensione di quel linguaggio non verbale che va oltre la parola. Le figure femminili sono concentrate sulla comunicazione della loro interiorità e si presentano con le loro caratteristiche di sensualità ed erotismo, mettendo in luce una sorta di consapevolezza dell’essere donna.

 

Il periodo italiano si conclude con “Il deserto rosso” ; Antonioni nel 1965 lascia l’Italia per recarsi altrove… Dominique Paini ci rivela : “… Voleva esprimere una sorta di deserto rosso, anche dal punto di vista politico del termine ! ”.

 

In questo modo Morena arriva a quella consapevolezza dello sguardo che le permettono di mettere insieme le tracce delle testimonianze raccolte e dedicarsi alla realizzazione di un film intimo. Dove il luogo s’impregna di paesaggio al fine di poter riflettere da un lato tutto ciò che si avvicina all’anima, dall’altro tutto ciò che si definisce società… Ed è proprio quello sguardo animato che ispira l’analisi della donna per Antonioni, quel senso di femminilità e di raffinatezza che Antonioni esprimeva.

 

Una delle interpreti dell’ultimo lavoro cinematografico, Fanny Ardant, racconta la storia, sotto forma di prospettiva tra vita e cinema, tra vita e scelte di vita, in un parallelo continuo che lascerà intravvedere la profondità dell’essere donna per Antonioni. Con “Al di là delle nuvole”, in una sorta di testamento cinematografico, Antonioni elabora tre scene che sembrano accompagnarci alla definizione di : donna degradata dalle relazioni amorose, donna bisognosa d’innamorarsi, donna indipendente e autonoma che s’innamora quando vuole e di chi vuole. Queste tre tipologie femminili di territori dell’anima, sono associate a territori geografici differenziati : il Po delle radici, l’Italia che si lascia andare, e la rinascita culturale a Parigi con l’Ardant.

 

TUTTO BIANCO

Film de Morena Campani et Caroline Agrati

 

 

 

Notre jury présidé par Christian Rouaud et composé d’Amalia Escriva, Anne Gintzburger, Thierry de Lestrade et Pauline Horovitz a mis en lumière 30 films documentaires, à l’occasion du “Sunny-Side of the Doc” :

 

les palmarès des Etoiles 2016

 

Afin de promouvoir et saluer le travail des auteurs, voilà les dates :

-          vendredi 4 novembre – Cérémonie de remise des Etoiles à la Scam

-          samedi 5 et dimanche 6 novembre – Festival des Etoiles au Forum des images de Paris.

Les œuvres  lauréates seront programmées, en présence de leurs auteurs.

 

 

TUTTO BIANCO

Film di Morena Campani e Caroline Agrati

 

 

La nostra Giuria, presieduta da Christian Rouaud e composta da Amalia Escriva, Anne Gintzburger, Thierry de Lestrade e Pauline Horovitz ha messo in luce 30 film documentari, nell’ambito del “Sunny-Side of the Doc” :

 

i vincitori del Premio STELLA 2016

 

Per permettere di promuovere e salutare gli autori, ecco le date :

-          venerdi 4 novembre – Cerimonia di consegna del premio Stella alla Scam

-          sabato 5 e domenica 6 novembre – Festival des Etoiles al Forum delle immagini di Paris

Le opere vincitrici saranno programmate, in presenza dei loro autori.

 

                            

 

 

SCHEDA DEL DOCUMENTARIO

Titolo

TUTTO BIANCO

Regia

Morena Campani

Soggetto e sceneggiatura

Morena Campani e Caroline Agrati

Direttore della fotografia

Paolo Muran e Roberto Beani

Montaggio

Véronique Holley

Musica

Philippe Eidel

Interpreti

Christine Boisson e la voce di Fanny Ardant

Produzione

Label Vidéo

Formato

HD

Anno e durata

2015, 53mn

Premi

“Etoile de la SCAM” (società degli autori) : selezione migliori documentari diffusi alla televisione francese

Sinossi (max 500 battute

E’ la storia di una donna che scopre d’esser nata là, dove Michelangelo Antonioni aveva girato “Il deserto rosso”, nella Valle del Po, tra la città di Ravenna e Laguna di Venezia. Attraverso il suono delle caldaie della centrale idro-elettrica si immerge nell’incomunicabilità, quello stato d’animo che riflette lo squilibrio in cui vive : madre anoressica, padre alcolizzato, quelle nuove condizioni della società industrializzata.

Morena s’investe nella lotta per la salvaguardia e la valorizzazione di questo luogo, la centrale, scelto da un tale maestro del cinema. Incontra le persone che parteciparono alle riprese nel 196”/64. Un pensionato dell’Enel le offre un VHS dicendo : “Questo, è il mio deserto rosso”. L’assistente regista del film le mostra il diario realizzato durante le riprese, momenti intimi, aneddoti chiarificatori che, 50 anni dopo, hanno ilpeso delle leggende colorate di curiosità popolare.

Trovando tali incontri estremamente ricchi, Morena parte alla ricerca di altri luoghi, una sorta di archeologia delle riprese, dove Antonioni ha lasciato tracce indellebili sia sul terreno che sulle persone. Traccia fondamentale è quella del vuoto, processo verso la libertà, consapevolezza verso il progresso, scintilla della rivoluzione.

In quel vuoto, Morena trova l’energia creativa, spesso sostenuta e attivata dai ruoli femminili. La donna è il luogo più interessante da scoprire ; Antonioni ha esplorato l’universo femminile, come uno specchio del paesaggio e della società. Nel 1960, nelle isole Eolie, Antonioni aveva girato “L’Avventura”; Morena riparte alla ricerca di Anna, naturalmente, ma soprattutto delle persone che si sono occupare dell’équipe che scese all’isola a quell’epoca e della memoria di quell’episodio.

Con gli studenti dell’Università di Messina, Morena ritrova il caffè di viale San Martino, dove Antonioni aveva girato una delle scene dedicate all’erotismo collettivo in Sicilia. Di seguito, a Roma, continua la ricerca di Anna fino all’abitazione di Lea Massari, fino all’incontro di Vera Pescarolo Montaldo, che fondo’ la prima compagnia teatrale con Monica Vitti e Virna Lisi, dando la possibilità di mettere in scena una pièce di Antonioni scritta appunto, per Monica Vitti : Scandali Segreti. E ‘a Venezia, infine, che Morena tratta il ritorno di Antonioni in Italia. Dopo “Il deserto rosso” era partito per tornare nel 1980 e rielaborare il soggetto femminile in una sorta di manifesto : “Identificazione di una donna”. Christine Boisson, attrice nel film, rende omaggio alla grande Monica Vitti.

La poetica di Antonioni ci accompagna nella comprensione della crisi di un intero paese, un paese che resta avvolto nella nebbia con quel disagio costante che si ritrova come costante nei suoi personaggi femminili.

 

“Se non si è nati là, non si puo’ capire quanto il cielo possa essere bianco !”

 

Morena Campani

Note di regia (max 600 battute

Sono nata e cresciuta nella valle del Po. Di madre depressa, che ha perso la vista da bambina a seguito di un incidente, e padre violento, alcolista. Era certamente meglio non parlare, non dire !

« L’occhio è dentro di noi ! », per utilizzare un’espressione di Tonino Guerra, con cui avviai diversi progetti a un certo punti, ma piuttosto legati all’architettura ed al suo desiderio di ambientare delle grandi opere nel paesaggio… Mi avvicinai al suo intimo. Ed in seguito quell’intimità creatrice come elemento di salvezza, stimolerà le mie decisioni professionali.

Oltre all’aspetto puramente cinematografico, c’è l’umanità di Antonioni, le ombre e le luci, quell’ossessione per l’incomunicabilità, la ricerca dell’identità, non come viene intesa oggi, prettamente politica, ma nel senso di appartenenza all’essere umano, quell’energia che spinge dalle radici verso il pensiero e l’espressione dello sguardo.

Definito da alcuni « il regista delle donne », sono andata a cercare le donne cercando di avvicinarmi agli intimi di ciascuna. Sul filo dell’ombra, alla ricerca della luce, attraverso immagini d’archivio, film, documenti ed interviste con le donne che hanno operato o vissuto al suo fianco, con quell’universo di testimoni privilegiati… ho cercato la sua evoluzione cinematografica e personale, ho cercato il suo sguardo per infine trovare il mio.

Desidero esprimere la fragilità dello spazio fra i diversi sguardi, in una sorta di confusione fra me e gli altri, fra i due paesi in cui vivo sul confine dell’intimo.

Questa confusione tra vero e falso, tra realtà e finzione, tra carattere personale e carattere messo in scena… Questa confusione nella quale siamo calati al quotidiano che porta alla fragilità dell’ambiguità una certa forza, una certa personalità. I protagonisti dei film di Antonioni sono i miei protagonisti del reale.

Voglio far sentire il parallelo tra la vita del maestro come cineasta e del maestro di vita… attraverso le sue scelte, ritornando sui luoghi delle difficoltà economiche de “L’Avventura”, delle scelte complicate de « Identificazione di una donna », delle problematiche riprese dell’ultimo film « Al di là delle nuvole » già cerebroleso.

Fanny Ardant, ultima attrice scelta dal Maestro, accompagna poeticamente le scelte del film, in una sorta di viaggio iniziatico a cercar di capire… cosa e come vedere!

Fanny Ardant, con la ua recitazione, sviluppa quel sentimento di pianura invasa dalla foschia, che azzera i pensieri ed il confine fra la parola e le genti, sotto i cieli bianchi della Romagna, spesso offuscati dalla nebbia. Sono quei cieli l’espressione del mio nascere e morire ogni giorno, cercando oltre la nebbia una luce per continuare.

 

 

Biografia dell’autore (max 600 battute) :

 

Architetto di formazione, Morena Campani sviluppa una ricerca sullo spazio creativo, lo spazio come prodotto artistico, nella sua antica relazione col tempo. Nel 1998 organizza “Osservatorio della città”, in collaborazione con Nanni Moretti e Michelangelo Antonioni. Con quest’ultimo, l’anno successivo, s’impegna su un progetto a sostegno della centrale idroelettrica di Porto Corsini, luogo delle riprese de “Il deserto rosso”. Con Gian Luca Liverani e Guido Guidi, fotografi, realizza diversi progetti in omaggio a Luigi Ghirri, a cura di Italo Zannier. Nel 2000 progetta un primo eLearning dedicato ai personaggi della storia (sostenuto dall’Unione Europea).

Incontra diversi maestri coi quali approfondisce delle vere relazioni professionali, come Dario Fo, Ettore Sottsass, Vico Magistretti, Tonino Guerra …

Il suo sguardo è sempre più cinematografico. Segue le riprese di “Al di là delle nuvole” con Michelangelo Antonioni e Wim Wenders.

Installata dal 2003 in Francia fonda “Cabinet Projets Culturels” per la promozione degli scambi europei della cultura. Scrive progetti teatrali con lo sceneggiatore Vincenzo Cerami e progetti di documentari con Francesca Solari. Consulente della Cinematheque francese per il cinema d’Avanguardia italiano, organizza con Nicole Brenez la programmazione : “La città degli occhi”. Sempre alla ricerca di espressioni aggiuntive che affrontano il tema della memoria, dei valori,  dello spazio e del tempo scrive il libretto per un’opera contemporanea sulla mitologia, con la complicità del compositore Philippe Eidel. Il progetto prevede una sezione dedicata alle nuove tecnologie virtuali e una proiezione multimediale.

L’incontro con il regista Marcel Hanoun maturerà l’idea di una produzione per il suo film-testamento : “Cello”. Crea un collettivo di Co-Produzione per Marcel Hanoun e realizza il suo primo film/ritratto, che sarà l’ultimo per Marcel Hanoun, che scompare qualche mese dopo.

2010 film auto-prodotto : “Cielitude”

2011 film nella struttura psichiatrica di Salone (Roma) : “D’altro canto”

2012 film/ritratto del maestro Marcel Hanoun : “Face à la mèr(e)”

2013 sopralluoghi per un film su Don Chisciotte.

Giappone, sopralluoghi per il film “Lo sguardo altrove”, con Mieko Matsumoto.

2014/15 film/omaggio a Michelangelo Antonioni : “Tutto bianco”

2015 film sull’archivio della ricerca sul campo di Giovanna Marini nel sud Italia

Inizia il tournage di “Partisans de la culture”, un omaggio al Congresso degli scrittori per la difesa della cultura organizzato nel 1935.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Immagine

 

Photo Extrait Tutto Bianco, Christine Boisson

La Certosa di Ferrara

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Edicola dove è sepolto Michelangelo Antonioni

 

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